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martedì 1 febbraio 2011

the waste land spiegazione e traduzione

La genesi
Il poemetto venne scritto da Eliot mentre era in vacanza in Svizzera, a Losanna, per riprendersi da un esaurimento nervoso, nel dicembre del 1921 e gennaio del 1922. Ne spedì il dattiloscritto all'amico e connazionale Ezra Pound che intervenne massicciamente, tanto che Eliot gli dedicò il poemetto definendo Pound "il miglior fabbro" (espressione presa da Dante Alighieri, che definiva così il poeta provenzale Arnaut Daniel nel canto XXVI del Purgatorio). Il lavoro di Pound sul testo fu soprattutto di riduzione, perché si trattò essenzialmente di tagli che in un caso portarono all'eliminazione di decine e decine di versi (nella sezione IV, non a caso la più breve del poemetto). La versione dattiloscritta era lunga quasi il doppio della Terra desolata come venne pubblicata nel 1922; comunque,
Il lavoro di riscrittura vide anche l'intervento della moglie di Eliot, Vivien Haigh-Wood.
Il titolo
Il titolo è altamente significativo. La "terra desolata" è contemporaneamente la terre gaste dei poemi epici medievali, cioè un territorio devastato, sterile e mortale che devono attraversare i cavalieri per arrivare al Graal (uno dei simboli centrali del poemetto), e il mondo moderno, contrassegnato dalla crisi e dalla sterilità della civiltà occidentale, giunta forse al termine del suo percorso: non va ignorato il fatto che la prima guerra mondiale, terminata neanche quattro anni prima della pubblicazione del poemetto, era stata vissuta come un'inutile e folle strage che aveva dilapidato milioni di vite e portato quasi alla bancarotta le grandi nazioni europee. La "terra desolata" è anche Londra, città dove Eliot risiedeva, e nella quale ha ambientato alcune scene del poemetto (come quella conclusiva della prima sezione, che si svolge sul ponte di Westminster).
La struttura
È praticamente impossibile descrivere sinteticamente la Terra desolata. In effetti, in questo poemetto ci sono voci diverse di diverse persone che parlano talvolta lingue diverse: il primo titolo di una sezione introduttiva, divisa in due parti e soppressa per consiglio di Pound, era "He Do the Police In Different Voices", una frase di Charles Dickens (tratta dal suo romanzo Our Mutual Friend) che significa "rifà la polizia con voci diverse", detto di un ragazzo che sapeva leggere in modo particolarmente vivace le notizie di cronaca nera sul quotidiano. Le diverse voci possono essere di personaggi (come Marie, la nobildonna lituana che parla per prima nel poemetto, o la coppia di sposi nella seconda sezione), oppure citazioni delle più disparate opere letterarie e artistiche in generale (nel poemetto si trovano versi di Dante, Baudelaire, Ovidio e numerosi altri poeti, ma anche brani del Tristano e Isotta di Richard Wagner). Tra le voci si distingue quella di Tiresia, che funge da alter-ego del poeta, ma è al tempo stesso il personaggio ripreso dall'Eneide virgiliana: Tiresia, che tutto ha visto e tutto sa, funge in più punti da disincarnato e distaccato narratore.
Il poemetto è diviso in cinque movimenti, tanto che alcuni studiosi lo hanno paragonato a una sinfonia, o un quartetto per archi (la struttura in cinque parti torna non a caso nell'ultima grande opera poetica di Eliot, i Quattro quartetti).
L'epigrafe in apertura del poema doveva essere “The horror! The horror!” ("L'orrore, l'orrore!"), da Cuore di tenebra di Joseph Conrad, ma Ezra Pound, che non stimava affatto Conrad, dissuase il poeta: fu così che il poemetto si aprì con un frammento dal Satyricon), in ogni caso assai adatto. La Sibilla di cui parla la citazione è naturalmente la profetessa greca che risiedeva a Cuma, celebre per gli oracoli enigmatici. La sua aspirazione più profonda era quella di invecchiare senza mai morire: il dio Apollo esaudì il suo desiderio, ma la sua vita - secondo Petronio - divenne un’agonia di noia, poiché essa, rinsecchita e chiusa in un'ampolla, veniva tormentata da gruppi di ragazzi fastidiosi. Il testo di Petronio è formato da frasi in latino e in greco, il che allude alla mescolanza di lingue (di nuovo le "different voices" di Dickens) che attraversa il poemetto.


I. La sepoltura dei morti
Il poemetto si apre con un rovesciamento dei valori tradizionali celebrati nei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, essendo tradizionalmente l'arrivo della primavera un evento festoso (finisce la penuria invernale di cibo, torna la stagione dei frutti e delle messi). Per Eliot, con una tipica ironia modernista, "Aprile è il mese più crudele": davanti al rifiorire della natura, l'uomo moderno, vuoto e senza scopo, sente in modo ancor più doloroso la propria sterilità interiore. I lillà sono un correlativo oggettivo per indicare il ricordo, il passato e sono i fiori connessi con i riti della fertilità.
Segue un flash-back che ci riporta al clima dell’Europa centrale intorno alla Prima guerra mondiale, con un chiaro riferimento alla Rivoluzione russa al verso 12. L’eleganza delle persone che frequentano i luoghi più alla moda dell’Europa rivela un’ansia comunicata grazie ai bruschi cambiamenti di sintassi.
Le allusioni al Vecchio Testamento (v. 20: Ezechiele predica contro la malvagità degli Israeliti, v. 22: Dio dice ad Ezechiele che romperà gli idoli eretti da Israele a falsi dèi) offrono un parallelo tra la domanda di Ezechiele “Figliuol d’uomo, queste ossa possono vivere?” e quella del poeta che chiede al lettore “quali rami crescono su queste macerie?”, una domanda retorica, dato che quest’ultimo conosce soltanto “un mucchio di rotte immagini, dove batte il sole, e l’albero secco non dà riparo, e il canto del grillo non dà ristoro”. L’appassionato ma condannato amore di Tristano ed Isotta è preso a modello universale, in modo da ridimensionare il moderno concetto di questo sentimento.
Alle citazioni da Wagner (in tedesco) segue un excursus ironico sulle figure profetiche personificate da Madame Sosostris, una chiromante dal nome che sembra una banale imitazione di qualche dea Egiziana, nonostante le sue predizioni si rivelino vere. Qui Eliot ha l'opportunità di inserire un altro importante tema del poemetto, quello dei tarocchi e dei loro simboli. La Belladonna è un veleno, mentre la dama delle rocce rimanda alla Monna Lisa per la sua enigmaticità. Il mercante con un occhio solo si riferisce a Mr Eugenedes, oltre che alla figura del Jack.
In seguito il poeta si riferisce alla City,il quartiere finanziario di Londra,simbolo dell'aridità del capitalismo e della società moderna. La critica alla City riprende gli stilemi provenienti da Baudelaire e Dante. Il poeta considera i suoi cittadini, bloccati in una routine distruttiva, paragonandoli dapprima agli ignavi dell'Inferno, a causa della loro totale indifferenza nei confronti del prossimo, e successivamente alle anime del limbo che, come loro, sperano in una vita migliore, ma non hanno alcuna speranza di cambiare la loro statica routine.
La figura di Stetson è paragonabile a quella dell'amico Ezra Pound che usava portare un cappello Stetson.
Con il riferimento alla Prima guerra punica Eliot intende universalizzare il problema, che altrimenti rimarrebbe legato alla città di Londra. Questa sezione si conclude con un riferimento alla prefazione de I Fiori del male di Baudelaire "Au lecteur" che descrive l'uomo affondato nella stupidità, nel peccato e votato al male, ma, tuttavia, il peggior mostro del serraglio infame dei suoi traviamenti è la Noia, definita come "monstre delicat". "Tu, lettor, lo conosci quel mostro delicato, ipocrita lettore, mio pari, mio fratello!"
II. Una partita a scacchi
I rapporti tra uomo e donna sono considerati sterili in questa Terra, poiché manca la comunicazione, sia verbale che sessuale. La frequente richiesta del barista enfatizza la pressione del tempo che scorre, fino ad arrivare all’addio di Ofelia, preso dall'Amleto, “Good night, ladies, good night, sweet ladies, good night, good night”.
III. Il sermone del fuoco
Il titolo è reso chiaro solo alla fine del canto, quando Eliot invoca le figure di Buddha e di Sant'Agostino, personalità ascetiche molto ammirate dal poeta.
La descrizione idealizzata dell’amore umano sullo sfondo di un Paradiso Terrestre è in contrasto con il concetto che ne ha la modernità, così sordido e squallido. Il Tamigi celebrato da Edmund Spenser nel suo Prothalamion è spoglio, non ci sono più “testimoni delle notti d’estate”, le ninfe che vi dimoravano sono partite..
La figura di Tiresia riprende il filone profetico, essendo quest’ultimo il massimo dei profeti del mondo classico. Poiché aveva infastidito due serpenti mentre questi copulavano, fu trasformato in donna, fino tornare uomo dopo sette anni. Intanto, Giove e Giunone stavano discutendo quale dei due sessi godesse di più nell'atto sessuale: lo chiesero a Tiresia, ed egli rispose che a godere di più era la donna. ,Giunone in collera, lo condannò alla cecità, ma Giove lo premiò concendendogli il dono di vedere il futuro.
IV. La morte per acqua
Tòpos del canto è, in contrapposizione al fuoco, simbolo di lussuria e di depravazione, l’acqua, che invece infonde un senso di purezza.
Un marinaio morto, dai tratti che sembrano quelli del Vecchio Marinaio di Coleridge, racconta la storia di un’uscita per andare a pescare finita in tragedia. L'episodio ha molti collegamenti con il viaggio di Ulisse come lo avevano immaginato
V. Ciò che disse il tuono
L’atmosfera dell’ultima sezione è quella di un dramma ricordato che degrada in un anti-climax: la morte di Gesù col riferimento alla sua agonia nel giardino del Getsemani. Come le parti precedenti avevano un elemento centrale, così il tuono ricorre frequentemente negli ultimi versi del poemetto; nella Bibbia, la voce di Dio è spesso descritta come simile ad un tuono, per cui l’allusione è palese.
Gli abitanti della terra desolata accettano un tipo di vita minimale senza la speranza di una resurrezione: sono uomini vuoti, cui solo il distante brontolio di un tuono suggerisce la primavera. Eliot descrive il viaggio attraverso la Terra Desolata di due cavalieri alla ricerca del Sacro Graal; essi sono intimoriti dall’apparente malevolenza di questo territorio così inospitale.
Grazie alle note lasciate dal poeta stesso, si capisce che dietro questa vicenda si nasconde il viaggio verso Emmaus e la decadenza dell’Europa orientale, che ha il suo epicentro nella Russia del 1917: la rivoluzione comunista offre profezie deludenti alle cieche masse, che ora vacillano nel loro deserto spirituale. Lo stesso concetto troviamo espresso in un’opera di Herman Hesse, “Intravedere il caos”: “Già metà d’Europa, almeno metà dell’Europa orientale, avanza sulla via del caos, guidata in una frenesia spirituale lungo il limite dell’abisso, e canta ubriaca. L’offeso borghese ride ai canti; il santo e il profeta li ascoltano con lacrime”. Eliot, che politicamente era su posizioni nettamente conservatrici, non aveva una buona opinione della rivoluzione russa
.Il poemetto termina, dunque, dopo i toni surrealistici e apocalittici, con “Shantih”, la pace ineffabile, la speranza della pioggia, di una ritrovata spiritualità. Ma il cadere della pioggia è atteso, agognato, non descritto. Il fatto che la benedizione sia in una lingua così distante dalla tradizione occidentale indica che la soluzione è ricercata, ma non raggiunta. In effetti, non si riesce a uscire veramente dalla terra desolata, e il Graal resta una speranza, qualcosa che non si riesce ad afferrare. Per Eliot il cammino verso una qualche certezza durerà ancora cinque anni.
Interpretazione
L’ambizione della Terra Desolata è totalizzante: essa vuole essere interpretazione complessiva del destino dell’uomo e della storia europea.
Caratteristiche importanti di tutto il poemetto sono la simultaneità, che rende possibile il contrasto tra cultura passata e sterilità moderna, e la decontestualizzazione, che provoca nel lettore un senso di spaesamento e di shock.
.Temi principali
Nel testo sono individuabili alcuni fondamentali nuclei tematici, che spesso corrispondono a miti tratti dalla tradizione occidentale (ma non solo, visto che la Terra desolata è intessuta di riferimenti al buddismo, in special modo nell'ultima sezione). Essi sono:
Il mito del Graal e la queste del cavaliere Parsifal (ripresa, tra l'altro, dal Roman de Perceval) che riesce a recuperarlo per salvare il regno di Re Artù (anche chiamato il Re Pescatore, e leggibile come una figura di Cristo) dalla sterilità e della morte. La ricerca nel mondo moderno, però, non ha successo, a differenza di quella di Parsifal: nella Terra desolata della modernità, la verità (anche etico-religiosa) resta inafferrabile.
I riti di fertilità descritti nel trattato di antropologia Il ramo d'oro di Sir James Fraser, che Eliot aveva letto con grande interesse, nei quali il sacrificio di un dio (p.es. l'egizio Osiride, ma anche Cristo) riporta la fertilità, e quindi la vita, al popolo che lo adora. I riti sono rievocati nel contesto di un mondo contemporaneo che è marcato da sterilità spirituale; quest'ultima s'incarna nel poemetto in una serie di figure di matrimoni e coppie sterili.
I tarocchi, che un saggio della scrittrice inglese Jessie Weston (intitolato From Ritual to Romance) aveva riconnesso al ciclo di leggende arturiane e al mito del Graal. Va detto che oltre ai veri arcani maggiori Eliot inserisce nel poemetto anche carte di sua invenzione.
La simbologia primaverile, che ritorna frequentemente nella letteratura inglese, a partire dai I racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer. La primavera nella Terra desolata però non porta fertilità e vita, e la quinta parte è in parte ambientata in un deserto, in parte segnata dall'attesa ansiosa della pioggia rigeneratrice (quella cantata da Chaucer nel suo poema) che però non arriva.
Lo squallore e l'alienazione della vita metropolitana nell'età moderna, contrapposta ironicamente al mito e ai grandi classici della letteratura antica. Nelle loro incarnazioni moderne le figure della tradizione occidentale, come Tiresia, o il Re Pescatore, subiscono inesorabilmente un degrado.
Rivalen, re di Lyonesse, ha sposato Biancofiore, sorella del re Marco di Cerniw (Cornovaglia); egli muore tuttavia poco dopo, in guerra. Prima di morire anch'essa dal dolore, Biancofiore partorisce un figlio, a cui dà nome Tristano. Il bambino è allevato da suo zio il re Marco, il quale è sottoposto al pagamento di un gravoso tributo dal re d'Irlanda. Diventato un giovane guerriero, Tristano decide di liberare la Cornovaglia da questa sottomissione e parte per l'Irlanda, dove riesce a uccidere il gigante Moroldo, fratello del re: viene tuttavia ferito con un colpo di spada avvelenato, ma è curato dalla figlia del re, Isotta, che non sa che egli ha ucciso suo zio. Tristano, una volta guarito, torna in Cornovaglia. Pressato di sposarsi per garantire al trono una successione, il re Marco decide di prendere per moglie colei a cui appartiene un capello d'oro, portato dal mare da un uccello. Tristano, ricordandosi di Isotta, parte per l'Irlanda, ma, appena arrivato, deve combattere un terribile drago. Lo uccide, ma viene ferito, e, ancora una volta, curato da Isotta, che si accorge allora che egli è colui che aveva ucciso il Moroldo: rinuncia tuttavia a vendicarsi ed è promessa in sposa a Marco per sanare le rivalità tra i due regni. Si imbarca dunque con Tristano verso la Bretagna. Ma la regina d'Irlanda affida all'ancella un filtro magico, da far bere ai due sposi la notte di nozze: essi allora si innamoreranno profondamente l'uno dell'altra. Durante la navigazione, però, Tristano beve per errore il filtro, credendo che sia vino, e lo offre a Isotta: i due cadono preda dell'amore. Isotta sposa comunque Marco, facendosi sostituire dall’ancella per la consumazione del matrimonio. Seguono mesi di amori clandestini, di trucchi e menzogne, durante i quali i due innamorati rischiano costantemente di essere ingannati dai invidiosi. Scoperti e condannati a morte, i due riescono a fuggire e si rifugiano nella foresta del Morrois. Dopo tre anni, il filtro comincia a indebolirsi: non sopportando più la vita allo stato selvaggio, ed essendo stati scoperti da re Marco, Tristano decide di restituire la donna al re, e parte: si reca allora in Bretagna dove sposa Isotta dalle Bianche Mani, con la quale tuttavia non consuma il matrimonio.
Nel frattempo l'innocenza della regina è continuamente messa in dubbio dai baroni malvagi, inducendola a reclamare un'ordalia. In base a quest'usanza, Isotta dovrà giurare di essere stata sempre fedele al marito stringendo in mano un ferro incandescente: se avrà detto la verità, Dio la proteggerà rendendole giustizia. Tristano si reca alla cerimonia travestito da lebbroso, e aiuta la regina a superare una pozzanghera. Così ella può giurare di non aver mai stretto altro uomo che suo marito e il lebbroso stesso. Più volte ancora Tristano si reca segretamente in Cornovaglia, travestito da pellegrino o da folle;. Ferito gravemente durante una spedizione, Tristano capisce che solo Isotta la Bionda può guarirlo e la manda a chiamare, chiedendo che vengano messe vele bianche alla nave con cui verrà, se lei accetta di venire, e vele nere se si rifiuta. Ella accetta, ma la sposa di Tristano, avendo scoperto il loro amore, gli riferisce che le vele sono nere. Credendosi abbandonato da Isotta, Tristano si lascia morire; la donna, arrivata troppo tardi presso di lui, muore di dolore a sua volta. Pentita per le conseguenze tragiche della sua menzogna, Isotta dalle Bianche Mani rimanda i corpi in Cornovaglia, facendoli seppellire assieme. Le piante che cresceranno sulla loro tomba, nocciolo e caprifoglio, si intrecceranno così strettamente che nessuno, mai, potrà separarle.
La terra desolata traduzione
I. La sepoltura dei morti
Aprile è il più crudele dei mesi, genera Lillà da terra morta, confondendo Memoria e desiderio, risvegliando Le radici sopite con la pioggia della primavera. L'inverno ci mantenne al caldo, ottuse Con immemore neve la terra, nutrì Con secchi tuberi una vita misera. L'estate ci sorprese, giungendo sullo StarnbergerseeCon uno scroscio di pioggia: noi ci fermammo sotto il colonnato, E proseguimmo alla luce del sole, nel Hofgarten, E bevemmo caffè, e parlammo un'ora intera. Bin gar keine Russin, stamm' aus Litauen, echt deutsch. E quando eravamo bambini stavamo presso l'arciduca, Mio cugino, che mi condusse in slitta, E ne fui spaventata. Mi disse, Marie, Marie, tieniti forte. E ci lanciammo giù.Fra le montagne, là ci si sente liberi.Per la gran parte della notte leggo, d'inverno vado nel sud.
Quali sono le radici che s'afferrano, quali i rami che crescono Da queste macerie di pietra? Figlio dell'uomo, Tu non puoi dire, né immaginare, perché conosci soltanto Un cumulo d'immagini infrante, dove batte il sole, E l'albero morto non dà riparo, nessun conforto lo stridere del grillo, L'arida pietra nessun suono d'acque. C'è solo ombra sotto questa roccia rossa,(Venite all'ombra di questa roccia rossa), E io vi mostrerò qualcosa di diverso Dall'ombra vostra che al mattino vi segue a lunghi passi, o dall'ombra Vostra che a sera incontro a voi si leva; In una manciata di polvere vi mostrerò la paura.
Frisch weht der Wind Der Heimat zu Mein Iriscb Kind, Wo weilest du?
>- Eppure quando tornammo, a ora tarda, dal giardino dei giacinti, Tu con le braccia cariche, con i capelli madidi, io non potevo Parlare, mi si annebbiavano gli occhi, non ero Né vivo né morto, e non sapevo nulla, mentre guardavo il silenzio, Il cuore della luce. Oed' und leer das Meer.
Madame Sosostris, chiaroveggente famosa, Aveva preso un brutto raffreddore, ciononostante E' nota come la donna più saggia d'Europa, Con un diabolico mazzo di carte. Ecco qui, disse, La vostra carta, il Marinaio Fenicio Annegato (Quelle sono le perle che furono i suoi occhi. Guardate!) E qui è la Belladonna, la Dama delle Rocce, La Dama delle situazioni. Ecco qui l'uomo con le tre aste, ecco la Ruota, E qui il mercante con un occhio solo, e questa carta, Che non ha figura, è qualcosa che porta sul dorso, E che a me non è dato vedere. Non trovo L'Impiccato. Temete la morte per acqua. Vedo turbe di gente che cammina in cerchio. Grazie. Se vedete la cara Mrs. Equitone, Ditele che le porterò l'oroscopo io stessa: Bisogna essere così prudenti in questi giorni.
Città irreale, Sotto la nebbia bruna di un'alba d'inverno, Una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta, Ch'io non avrei mai creduto che morte tanta n'avesse disfatta.Sospiri, brevi e infrequenti, se ne esalavano, E ognuno procedeva con gli occhi fissi ai piedi. Affluivano Su per il colle e giù per la King William Street, Fino a dove Saint Mary Woolnoth segnava le ore Con morto suono sull'ultimo tocco delle nove. Là vidi uno ch e conoscevo, e lo fermai, gridando: « Stetson! Tu che eri con me , sulle navi a Milazzo! Quel cadavere che l'anno scorso piantasti nel giardino, Ha cominciato a germogliare? Fiorirà quest'anno? Oppure il gelo improvviso ne ha danneggiato l'aiola?Oh, tieni il Cane a distanza, che è amico dell'uomo, Se non vuoi che con l'unghie, di nuovo, lo metta allo scoperto! Tu, hypocrite lecteur! - mon semblable, - mon frère!
II. Una partita a scacchi
Il Seggio sul quale sedeva, simile a un trono brunito, Risplendeva sul marmo, ove lo specchio Sorretto da colonne lavorate con tralci di vite Fra le quali un Cupido dorato spiava (Un altro sotto l'ala nascondeva gli occhi) Raddoppiava le fiamme ai candelabri A sette braccia riflettendo sul tavolo la luce Mentre lo scintillio dei suoi gioielli si levava A incontrarlo, da astucci di raso versato A profusione; in fialette d'avorio e vetro colorato Dischiuse, i suoi profumi stavano in agguato, sintetici e strani, Unguenti, polveri, liquidi - turbavano, Confondevano e annegavano il senso nei profumi; spinti dall'aria Che entrava fresca dalla finestra, ascendevano Alimentando le fiamme lunghe della candela, Soffiavano il loro fumo nei laquearia, Animando i motivi del soffitto a lacunari. Un bosco enorme sottomarino nutrito di rame Bruciava verde e arancio, incorniciato dalla pietra colorata, Nella cui luce mesta un delfino scolpito nuotava. Sull'antico camino era dipinta, Come se una finestra si aprisse sulla scena silvana, La metamorfosi di Filomela, dal re barbaro Così brutalmente forzata; eppure là l'usignolo Empiv a tutto il deserto con voce inviolabile E ancora ella gemeva, e ancora il mondo prosegue, « Giag Gíag » a orecchi sporchi. E altri arbusti di tempo disseccati Erano dispiegati sui muri a raccontare; forme attonite Si affacciavano chine imponendo silenzio nella stanza chiusa. Scalpicciavano passi sulla scala. Alla luce del fuoco, sotto la spazzola, i suoi capelli Si spiegavano in punte di fuoco, Splendevano in parole, per ricadere in una cupa calma.
"Ho i nervi a pezzi stasera. Sì, a pezzi. Resta con me. Parlami. Perché non parli mai? Parla. A che stai pensando? Pensando a cosa? A cosa? Non lo so mai a cosa stai pensando. Pensa."
Penso che siamo nel vicolo dei topi Dove i morti hanno perso le ossa.
"Cos'è quel rumore?" Il vento sotto la porta. "E ora cos'è quel rumore? Che sta facendo il vento?" Niente ancora niente.
E non sai "Niente? Non vedi niente? Non ricordi Niente?"
Ricordo Quelle sono le perle che furono i suoi occhi. "Sei vivo, o no? Non hai niente nella testa?"
Ma 0 0 0 0 that Shakespeherian Rag... Così elegante Così intelligente "Che farò ora? Che farò?" "Uscirò fuori così come sono, camminerò per la strada "Coi miei capelli sciolti, così. Cosa faremo domani? "Cosa faremo mai?" L'acqua calda alle dieci. E se piove, un'automobile chiusa alle quattro. E giocheremo una partita a scacchi, Premendoci gli occhi senza palpebre, in attesa che bussino alla porta.
Quando il marito di Lil venne smobilitato, dissi - Non avevo peli sulla lingua, glielo dissi io stessa, SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE Ora che Albert ritorna, rimettiti un po' in ghingheri. Vorrà sapere cosa ne hai fatto dei soldi che ti diede Per farti rimettere i denti. Te li diede, ero presente. Fatteli togliere tutti, Lil, e comprati una bella dentiera, Lui disse, lo giuro, non ti posso vedere così. E io nemmeno, dissi, e pensa a quel povero Albert, E' stato sotto le armi per quattro anni, si vorrà un po' divertire, Se non lo farai tu ce ne saranno altre, dissi. Oh è così, disse lei. Qualcosa del genere, dissi. Allora saprò chi ringraziare, disse, e mi guardò fissa negli occhi. SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE Se non ne sei convinta seguita pure, dissi. Ce ne sono altre che sanno decidere e scegliere se non puoi farlo tu. Ma se Albert si sgancia non potrai dire di non essere stata avvisata. Ti dovresti vergognare, dissi, di sembrare una mummia. (E ha solo trentun anni.) Non ci posso far niente, disse lei, mettendo un muso lungo, Son quelle pillole che ho preso per abortire, disse. (Ne aveva avuti già cinque, ed era quasi morta per il piccolo George.) Il farmacista disse che sarebbe andato tutto bene, ma non sono più stata la stessa. Sei davvero una stupida, dissi. Bene, se Albert non ti lascia in pace, ecco qui, dissi, Cosa ti sei sposata a fare, se non vuoi bambini? SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE Bene, quella domenica che Albert tornò a casa, avevano uno zampone bollito, E mi invitarono a cena, per farmelo mangiare bello caldo - SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE SVELTI PER FAVORE SI CHIUDE Buonanotte Bill. Buonanotte Lou. Buonanotte May, Buonanotte. Ciao. 'Notte. 'Notte. Buonanotte signore, buonanotte, dolci signore, buonanotte, buonanotte.
III. Il sermone del fuoco
La tenda del fiume è rotta: le ultime dita delle foglie S'afferrano e affondano dentro la riva umida. Il vento Incrocia non udito sulla terra bruna. Le ninfe son partite. Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito il mio Canto. Il fiume non trascina bottiglie vuote, carte da sandwich, Fazzoletti di seta, scatole di cartone, cicche di sigarette O altre testimonianze delle notti estive. Le ninfe son partite. E i loro amici, eredi bighelloni di direttori di banca della City; Partiti, e non hanno lasciato indirizzo. Presso le acque dei Lemano mi sedetti e piansi... Dolce Tamigi, scorri lievemente, finché non abbia finito il mio canto. Dolce Tamigi, scorri lievemente, perché il mio canto non è alto né lungo. Ma alle mie spalle in una fredda raffica odo Lo scricchiolo delle ossa, e il ghigno che fende da un orecchio all'altro. Un topo si insinuò con lentezza fra la vegetazione Strascicando il suo viscido ventre sulla riva Mentre stavo pescando nel canale tetro Una sera d'inverno dietro il gasometro Meditando sul naufragio del re mio fratello E sulla morte del re mio padre, prima di lui. Dei bianchi corpi ignudi sul suolo molle e basso E ossa, gettate in una piccola soffitta bassa e arida, Smosse solo dal piede del topo, un anno dietro l'altro. Ma alle mie spalle di tanto in tanto odo Suoni di trombe e motori, che condurranno Sweeney da Mrs. Porter a primavera. Oh la luna splendeva lucente su Mrs. Porter E su sua figlia Che si lavano i piedi in «soda water» Et O ces voix d'enfants, chan tant dans la coupole!
Tuit tuit tuit Giag giag giag giag giag giag Così brutalmente forzata. Tiriù
Città irreale Sotto la nebbia bruna di un meriggio invernale Mr. Eugenides, il mercante di Smirne, Mal rasato, con una tasca piena d'uva passa C.i.f. London: documenti a vista, M'invitò in un francese demotico Ad una colazione al Cannon Street Hotel Seguita da un weekend al Metropole.
Nell'ora violetta, quando gli occhi e la schiena Si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende Come un tassì che pulsa nell'attesa, Io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite, Vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere Nell'ora violetta, nell'ora della sera che contende Il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto.La dattilografa a casa all'ora del tè, mentre sparecchia la colazione, accende La stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato. Pericolosamente stese fuori dalla fìnestra Le sue combinazioni che s'asciugano toccate dagli ultimi raggi del sole, Sopra il divano (che di notte è il suo letto) Sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole. Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrínzite, Osservai la scena, e ne predissi il resto - Anch'io ero in attesa dell'ospite atteso. Ed ecco arriva il giovanotto foruncoloso, Impiegato d'una piccola agenzia di locazione, sguardo ardito, Uno di bassa estrazione a cui la sicurezza S'addice come un cilindro a un cafone rifatto. Ora il momento è favorevole, come bene indovina, Il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca, Lui cerca d' impegnarla alle carezze Che non sono respinte, anche se non desiderate. Eccitato e deciso, ecco immediatamente l'assale; Le sue mani esploranti non incontrano difesa; La sua vanità non pretende che vi sia un'intesa, ritiene L'indifferenza gradita accettazione. (E io Tiresia ho presofferto tutto Ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto; lo che sedei presso Tebe sotto le mura E camminai fra i morti che più stanno in basso.) Accorda un bacio finale di protezione, E brancola verso l'uscita, trovando le scale non illuminate...
Lei si volta e si guarda allo specchio un momento, Si rende conto appena che l'amante è uscito; il suo cervello permette che un pensiero solo a metà formato Trascorra: « Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia finito. » Quando una donna leggiadra si piega a far follie E percorre di nuovo la sua stanza, sola, Con una mano meccanica i suoi capelli ravvia, E mette un disco a suonare sul grammofono.
« Questa musica presso di me scivolava sull'acque » E lungo lo Strand, fino alla Queen Victoria Street. O città, città, talvolta posso udire vicino A una qualsiasi taverna in Lower Thames Street Il lamento piacevole di un mandolino, E dentro chiacchiere e altri rumori Là dove a mezzogiorno i pesciaioli riposano: Dove le mura di Magnus Martir contengono Uno splendore inesplicabile di bianco e oro ionici.
Il fiume trasuda Olio e catrame Le chiatte scivolano Con la marea che si volge Vele rosse Ampie Sottovento, ruotano su pesanti alberature.
Le chiatte sospingono Tronchi c he vanno alla deriva Verso il tratto di fiume di Greenwich Oltre l'Isola dei Cani. Weialala leia Wallala leiaiala
Elisabetta e Leicester Remi che battono La prua era formata Da una conchiglia dorata Rossa e oro L'agile flusso dell'onda Si frangeva su entrambe le rive Il vento di sud-ovest Con la corrente portava Lo scampanio delle campane Torri bianche Weialala leia Wallala Ieialala
« Tram e alberi polverosi. Highbury mi fe'. Disfecemi Richmond e Kew. Vicino a Richmond alzai le ginocchia Supina sul fondo di una stretta canoa. »
« I miei piedi sono a Margate, e il mio cuore Sotto i miei piedi. Dopo il fatto Egli pianse. Promise "un nuovo inizio". Non feci commento. Di cosa mi dovrei rammaricare? »
« Sulle Sabbie di Margate. Non posso connettere Nulla con nulla. Le unghie rotte di mani sporche. La mia gente, gente modesta che non chiede Nulla. » la la
Poi a Cartagine venni
Ardere ardere ardere ardere O Signore Tu mi cogli O Signore Tu cogli
bruciando
IV. La morte per acqua
Phlebas il Fenicio, morto, da quindici giorni Dimenticò il grido dei gabbiani, e il fondo gorgo del mare, E il profitto e la perdita. Una corrente sottomarina Gli spolpò l'ossa in sussurri. Come affiorava e affondava Passò attraverso gli stadi della maturítà e della giovinezza Procedendo nel vortice. Gentile o Giudeo O tu che giri la ruota e guardi sopravvento, Considera Phlebas, che un tempo fu bello, e alto come te.
V. Ciò che disse il tuono
Dopo la luce rossa delle torce su volti sudati Dopo il silenzio gelido nei giardini Dopo l'angoscia in luoghi petrosi Le grida e i pianti La prigione e il palazzo e il suono riecheggiato Del tuono a primavera su monti lontani Colui che era vivo ora è morto Noi che eravamo vivi ora stiamo morendo Con un po' di pazienza
Qui non c'è acqua ma soltanto roccia Roccia e non acqua e la strada di sabbia La strada che serpeggia lassù fra le montagne Che sono montagne di roccia senz'acqua Se qui vi fosse acqua ci fermeremmo a bere Fra la roccia non si può né fermarsi né pensare Il sudore è asciutto e i piedi nella sabbia Vi fosse almeno acqua fra la roccia Bocca morta di montagna dai denti cariati che non può sputare
Non si può stare in piedi qui non ci si può sdraiare né sedere Non c'è neppure silenzio fra i monti Ma secco sterile tuono senza pioggia Non c'è neppure solitudine fra i monti Ma volti rossi arcigni che ringhiano e sogghignano Da porte di case di fango screpolato
Se vi fosse acqua E niente roccia Se vi fosse roccia E anche acqua E acqua Una sorgente Una pozza fra la roccia Se soltanto vi fosse suono d'acqua Non la cicala E l'erba secca che canta Ma suono d'acqua sopra una roccia Dove il tordo eremita canta in mezzo ai pini Drip drop drip drop drop drop drop Ma non c'è acqua
Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto? Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca C'è sempre un altro che ti cammina accanto Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato Io non so se sia un uomo o una donna - Ma chi è che ti sta sull'altro fianco?
Cos'è quel suono alto nell'aria Quel mormorio di lamento materno Chi sono quelle orde incappucciate che sciamano Su pianure infinite, inciampando nella terra screpolata Accerchiata soltanto dal piatto orizzonte Qual è quella città sulle montagne Che si spacca e si riforma e scoppia nell'aria violetta Torri che crollano Gerusalemme Atene Alessandria Vienna Londra Irreali
Una donna distese i suoi capelli lunghi e neri E sviolinò su quelle corde un bisbiglio di musica E pipistrelli con volti di bambini nella luce violetta Squittivano, e battevano le ali E strisciavano a capo all'ingiù lungo un muro annerito E capovolte nell'aria c'erano torri
Squillanti di campane che rammentano, e segnavano le ore E voci che cantano dalle cisterne vuote e dai pozzi ormai secchi.
In questa desolata spelonca fra i monti Nella fievole luce della luna, l'erba fruscia Sulle tombe sommosse, attorno alla cappella C'è la cappella vuota, dimora solo del vento. Non ha finestre, la porta oscilla, Aride ossa non fanno male ad alcuno. Soltanto un gallo si ergeva sulla trave del tetto Chicchirichì chicchirichì Nel guizzare di un lampo. Quindi un'umida raffica Apportatrice di pioggia
Quasi secco era il Gange, e le foglie afflosciate Attendevano pioggia, mentre le nuvole nere Si raccoglievano molto lontano, sopra l'Himavant. La giungla era accucciata, rattratta in silenzio. Allora il tuono parlò DA Datta: che abbiamo dato noi? Amico mio sangue che scuote il mio cuore L'ardimento terribile di un attimo di resa Che un'èra di prudenza non potrà mai ritrattare Secondo questi dettami e per questo soltanto noi siamo esistiti, per questo Che non si troverà nei nostri necrologi O sulle scritte in memoria drappeggiate dal ragno benefico O sotto i suggelli spezzati dal notaio scarno Nelle nostre stanze vuote DA Dayadhvam: ho udito la chiave Girare nella porta una volta e girare una volta soltanto Noi pensiamo alla chiave, ognuno nella sua prigione Pensando alla chiave, ognuno conferma una prigione Solo al momento in cui la notte cade, rumori eterei Ravvivano un attimo un Coriolano affranto DA Damyata: la barca rispondeva Lietamente alla mano esperta con la vela e con il remo Il mare era calmo, anche il tuo cuore avrebbe corrisposto Lietamente, invitato, battendo obbediente Alle mani che controllano
Sedetti sulla riva A pescare, con la pianura arida dietro di me Riuscirò alla fine a porre ordine nelle mie terre? Il London Bridge sta cadendo sta cadendo sta cadendo Poi s'ascose nel foco che gli affina Quando fiam uti chelidon - O rondine rondine Le Prince d'Aquitaine à la tour abolie Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine Bene allora v'accomodo io. Hieronymo è pazzo di nuovo. Datta. Dayadhvam. Damyata. Shantih shantih shantih
Thomas Stearns Eliot

2 commenti:

  1. Non si può riportare addirittura PER INTERO la traduzione di un poemetto e non citarne il traduttore, che qui è Roberto Sanesi.

    Taccio, poi, sull'idea di copiare e incollare il testo senza nemmeno voler fare la fatica di separare i versi.

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  2. dateci una mano...siamo noi gli abitanti della terra desolat...abbiamo bisogno di aiuto al di la del bene e del male

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